Psicoterapia di Gruppo con lo Psicodramma Analitico per adolescenti

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La psicoterapia di gruppo è una forma di psicoterapia che sfrutta le potenzialità del gruppo per permettere alle persone di sfogare il loro malessere e di dare a quest’ultimo un senso che aiuti a superarlo. Nel corso degli anni diversi autori, soprattutto oltreoceano, hanno cercato di sistematizzare questa modalità di cura provando ad elencare quali potevano essere i benefici del condividere il proprio disagio con altre persone sofferenti. Irvin Yalom, scrittore e psichiatra statunitense, in uno dei suoi scritti divulgativi sulla psicoterapia di gruppo elencava i fattori elementari e primari responsabili del cambiamento terapeutico in una psicoterapia di gruppo: infusione della speranza (ho anch’io la possibilità di stare meglio), universalità (altri hanno i miei stessi problemi), informazione, altruismo, ricapitolazione correttiva del gruppo primario familiare (possibilità di confrontarsi con regole diverse da quelle familiari), sviluppo di tecniche di socializzazione, comportamento imitativo (esteso non solo al terapeuta ma anche ai membri del gruppo), apprendimento interpersonale, coesione di gruppo, catarsi, fattori esistenziali (riconoscere che a volte la vita è sleale e ingiusta, che alcune esperienze dolorose sono inevitabili, che ci sono delle responsabilità che restano all’individuo anche se questo è aiutato e guidato, ecc.). Negli anni il dispositivo gruppale ha poi trovato all’interno dei diversi paradigmi teorici di riferimento (dinamico, sistemico, cognitivista, ecc.) le proprie specificità, potenzialità e limiti, guadagnandosi un posto nel dibattito sul successo che alcuni tipi di psicoterapia mostrano con particolari tipologie di disturbi, con diverse fasce d’età e in contesti più o meno istituzionali.

La psicoterapia di gruppo, come quella individuale, familiare e di coppia, è una pratica progettata con differenti approcci per promuovere il cambiamento della personalità, ridurre gli episodi sintomatici, migliorare la qualità della vita, promuovere il funzionamento adattivo a lavoro o a scuola e aumentare la probabilità di fare scelte di vita sane. L’applicazione intenzionale di metodi clinici ha lo scopo di aiutare le persone a modificare il loro comportamento, pensieri, emozioni, e altre caratteristiche personali in direzioni funzionali. La scelta per un dispositivo gruppale non è solo una scelta di metodo, ma si fonda su di un pensiero che mette al centro di tutto la relazione con l’altro. Nel caso particolare degli adolescenti, che attraversano un periodo critico in cui la relazione tra pari assume una valenza fondamentale rispetto a quella con l’adulto, la scelta della psicoterapia di gruppo come dispositivo elettivo di trattamento ha certamente la sua ragion d’essere. Lo sguardo degli adolescenti è rivolto, infatti, primariamente ai coetanei e il processo d’influenzamento reciproco può facilitare la ripresa, se non addirittura l’avvio di un percorso comunicativo verso l’altro. Assistiamo spesso ad un autosvelamento che in alcuni casi può addirittura coincidere con la prima vera occasione di condivisione d’informazioni personali mai socializzate con altri. I ragazzi comprendono che è importante dire di sé e raccontarsi, ma ciò che fa la differenza nel gruppo è il contesto di queste comunicazioni, un contesto interpersonale che arricchisce la relazione rendendola più profonda e complessa. L’analisi dei contenuti che emergono nel qui e ora è un obiettivo fondamentale che nelle esperienze delle comunità educativo-riabilitative della fondazione La grande Casa di Cittadella (PD) prende la forma dello psicodramma analitico.

Lo psicodramma analitico fa parte di quelle psicoterapie che hanno mostrato grande efficacia con i più giovani. La drammatizzazione è il mezzo per una messa in scena, a volte faticosa e di frequente anche divertente, che permette ai ragazzi che fanno un percorso all’interno delle nostre comunità di sperimentarsi e narrare il loro presente in una modalità ludica ed espressiva. I contenuti che emergono nel corso della seduta assumono l’aspetto del tema emergente, una sorta di bisogno corale che potrà essere sintetizzato nella scelta dell’episodio o della storia più rappresentativa per tutti i membri del gruppo. Il modo in cui verrà “giocato” il tema emergente dipenderà dalla generosità dei partecipanti, oltre che dall’affetto o dal clima circolante. Di solito ci sono dei ruoli che di volta in volta possono essere agiti dai partecipanti all’interno del gruppo: chi pretende i riflettori tutti per sé, chi tace, chi interviene solo se invitato, chi disturba, ecc. Questi ruoli sono posizioni metamorfiche, soggette a cambiamento tra una seduta e l’altra, che s’intrecciano con le disponibilità ad interpretare o, come si dice in gergo psicodrammatico, a “giocare” quella scena e quel personaggio. Con i gruppi composti da ragazzi tra i 12 e i 13 anni è più agevole utilizzare storie tradizionali oppure costruzioni personali e creative. Queste permettono di esprimere nel qui ed ora le preoccupazioni, le difficoltà che impegnano i ragazzi in quel dato momento. Con i ragazzi più grandi si può aggiungere il quotidiano a questo enorme materiale di analisi. Lo sviluppo e l’evoluzione dei loro racconti ci darà utili informazioni per comprendere i modelli operativi interni, le lenti con le quali l’individuo legge e interpreta le cose che vive. I rimandi di queste scoperte sono restituiti all’interessato con l’obiettivo di fornirgli uno strumento in più di conoscenza e comprensione del suo disagio e di permettergli di gestire in modo ottimale le sue relazioni. Altre volte sono i pari a rimandare ciò che non era stato dichiarato nel copione scelto e che però emerge con grande forza solo nel momento del gioco: cambio del copione, interruzioni della scena, pianto, discrepanza tra il sentimento atteso e quello agito, ecc. Le rivelazioni dei nodi, degli scarti è sorprendente tanto quanto le capacità consolatorie e interpretative dei coetanei che intervengono in soccorso del protagonista. Tutti i membri del gruppo possono intervenire in diversi modi dando voce semplicemente a pensieri e sentimenti evidenti ma non espressi, ad esempio con la tecnica del doppiaggio, oppure attraverso l’inversione con il ruolo del protagonista, oppure nel momento conclusivo in cui si tenta di comunicare a tutto il gruppo quello che può “vedere” uno spettatore, al di fuori del coinvolgimento diretto nella scena.

L’appuntamento con lo psicodramma analitico all’interno delle nostre comunità educativo-riabilitative è settimanale ed è uno spazio atteso e discusso nello stesso tempo, oggetto d’investimenti sia positivi che negativi, ben definito nel tempo e nello spazio e accompagnato con rassicuranti riti d’inizio e di conclusione. Infatti il setting del gruppo, con i suoi passaggi ben scanditi, permette un movimento che i ragazzi sono disposti a seguire anche con l’aiuto di alcune confortanti routine: entrare a piedi scalzi, condividere qualcosa di fresco da bere prima dell’inizio, concludere con una tecnica di rilassamento, ecc. Queste consuetudini hanno permesso inoltre di rendere questo momento molto personale e intimo. L’aspetto fondamentale resta comunque che la partecipazione all’esperienza dello psicodramma analitico permette ai ragazzi, seppur nella condivisione delle loro paure e angosce, di sentirsi sostenuti e guidati e di sviluppare la convinzione che per ogni esperienza negativa c’è sempre la speranza della riparazione.

Bibliografia

Sordano A., Fiaba, sogno e intersoggettività. Lo psicodramma analitico con bambini e adolescenti. Bollati Boringhieri, Torino 2006.

Kymissis P. e Halpering D. A., La terapia di gruppo con bambini e adolescenti, Masson, Milano 1997.

Yalom I., Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo. Bollati Boringhieri, Torino 1997.

 

Carolina Bonafede, Psicologa, Psicoterapeuta, Responsabile clinico CER Zefiro

 

Bacchiglione n.4 Luglio -Agosto 2017

 

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